Come aiutare I BAMBINI ad affrontare LA PERDITA
– sperimentare la normalità
Quando si verifica una morte in famiglia e/o la perdita di una persona speciale la vita di un bambino/ragazzo la vita viene sconvolta ma la scuola può aiutarli a riprendere contatto con il senso della continuità. Tutto sembra “andato in pezzi”, ma almeno i compagni di classe e gli insegnanti sono ancora lì e già, solo per questo, possono garantire un senso di sicurezza. Bambini e adolescenti trovano nella scuola la possibilità di vivere una “sospensione” dal clima di sofferenza che sperimentano in famiglia dopo una perdita importante: poter prendere pause dal dolore e alternare momenti di distrazione consente di riprendere interesse ed energie per far fronte alla perdita.
“Oggi a scuola abbiamo fatto delle cose belle e mi sono divertita con i miei compagni nella pausa della ricreazione. Mi sono un poco dimenticata di quel che è successo”. Laura
In casa poi può capitare che l’atmosfera di dolore e disorientamento possa far sentire bambini e ragazzi più’ soli e quasi “messi da parte” .
“A casa c’è un gran silenzio, mi sembra che nessuno abbia più voglia di parlare, sono tutti tanto tristi e nessuno pensa a me”. Andrea
La scuola, invece, offre l’occasione di ritrovarsi insieme ai compagni, di giocare, sorridere, scherzare, correre, di poter essere come tutti gli altri coetanei.
– esprimersi ed essere ascoltati
Quando muore un genitore, un fratello o un’altra persona significativa, alcuni dei bambini e dei ragazzi mostrano apertamente il loro dolore, altri cercano invece di trattenersi per non addolorare ulteriormente gli altri familiari. Nascondendo la propria sofferenza, sembrano non avere problemi e bisogno d’aiuto e rischiano di essere trascurati, o, addirittura, di essere giudicati insensibili.
La scuola può offrire un ambiente accogliente e protettivo, nel quale gli allievi possano sentirsi a loro agio, raccontare cosa è successo e, se lo desiderano, esprimere le proprie emozioni e le esperienze che stanno vivendo.
“Sono stata felice quando la maestra mi ha abbracciata e tenuta stretta senza chiedermi niente, senza obbligarmi a parlare. Tornando a scuola mi sono sentita accolta e capita da lei”. Sofia
“Con mia meraviglia Valerio, il più vivace della classe, ha voluto raccontarmi più volte cosa era accaduto a suo padre, che lo andava a trovare in ospedale la domenica e, soprattutto, il dispiacere di non avergli potuto dare un ultimo abbraccio perché era morto all’improvviso. Non riusciva a darsene pace, me lo ha raccontato e scritto nei temi più volte”. Un insegnante
Per gli alunni che trovano difficile e faticoso verbalizzare le proprie emozioni in un colloquio faccia a faccia, si può pensare ad un “taccuino”, in cui possano liberamente disegnare e/o scrivere pensieri, ricordi, da condividere e commentare con l’insegnante di fiducia.
E’ importante ricordare che ogni alunno ha i suoi modi e tempi di elaborare del lutto: tra questi, può esserci anche la necessità di non parlarne e anzi fare finta di niente. In ogni caso il ragazzo va rispettato nei suoi bisogni e non forzato verso una modalità piuttosto che un’altra.
Poter essere accolti nelle proprie difficoltà e reazioni
Bambini e ragazzi hanno bisogno di incontrare adulti sinceri e partecipi per confidarsi, parlare della persona che è morta e condividere i propri ricordi e sentimenti. È importante che gli insegnanti non ignorino quello che è successo (il che equivarrebbe a negare la sofferenza dell’allievo) e che ne parlino apertamente, usando senza paura ed imbarazzo le parole “morte” e “morire”, prestando comunque sempre attenzione a chi, invece, ha difficoltà a comunicare.
“Era morto mio fratello e il mondo mi era caduto addosso. Era la cosa più brutta che mi fosse mai successa. Mi sarebbe piaciuto che la maestra mi chiedesse di come io stessi”. Alessia
È anche importante non cercare di consolare il bambino o il ragazzo con frasi come “non è così terribile”, “adesso non soffre più” o “cerca di non pensarci” o “e andato in un posto migliore”. Sono commenti che non alleviano il dolore e bloccano per il bambino e /o l’adolescente la possibilità di esprimere la propria sofferenza provocando spesso reazioni di rabbia e frustrazione. Si può dire semplicemente: “Ho saputo della morte di tuo papà, …so che ti manca, mi dispiace davvero” e poi aggiungere un abbraccio, una carezza affettuosa, una mano sulla spalla, che talvolta riescono a dire più di tante parole.
“Per me e per i miei figli il personale non docente ha avuto un ruolo di grande sostegno. Hanno mostrato apertamente la loro solidarietà con una frase gentile, una battuta, un sorriso in più. Ci hanno fatto molto piacere e ci hanno aiutato”. Una mamma
È opportuno saper riconoscere le emozioni che l’allievo vuole condividere evitando di attribuire una connotazione patologica a ciò che fa parte di un processo fisiologico di elaborazione del lutto. Talvolta il bambino e il ragazzo in lutto si sentono molto diversi dagli altri e pensano di essere i soli a provare certe emozioni. È importante rassicurarli che provare sentimenti di rabbia, di paura, di ansia, di stanchezza, di preoccupazione e senso di solitudine e smarrimento, sono reazioni normali quando muore una persona cara. Spesso può succedere che i bambini, soprattutto i più piccoli, arrivino a pensare di essere stati la causa della morte del familiare: è bene rassicurarli sempre che non hanno alcuna responsabilità. Inoltre, anche se a volte può essere difficile, è sempre bene rispondere con onestà e sincerità alle domande degli allievi. Anche se parlare della morte e del dopo-morte non è facile per nessuno e si è in difficoltà di fronte a domande difficili, non si deve avere timore di ammetterlo.
“Un bambino mi ha chiesto se è vero che i morti resuscitano. Io che non ci credo, cosa potevo rispondere se non che molte persone lo pensano e lo desiderano? Poi ho chiesto agli altri allievi cosa ne pensavano e sono emerse le considerazioni più diverse e importanti per facilitare un confronto su questi temi”. Un’ insegnante
È importante che i docenti– consapevoli della diversità culturale e religiosa del contesto in cui operano – rispettino il punto di vista della famiglia e che le comunicazioni siano quindi sempre precedute da espressioni quali “secondo me…”, “mi sembra che…”, “io penso che…”.
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