Cosa possono fare i parenti e gli amici

Cosa possono fare i parenti e gli amici

Di frequente, quando una famiglia è colpita da un lutto, le persone che sono loro vicine si sentono profondamente coinvolte e si chiedono come possono aiutare e esprimere sostegno.

Subito dopo la morte di una persona, quando il dolore e l’emozione sono ancora fortissime, risulta quasi spontaneo esprimere solidarietà e vicinanza, e anzi certe timidezze o formalità, presenti normalmente, vengono messe da parte. Ecco allora che non si esita ad esprimere direttamente, quasi senza filtri, l’affetto, sia con le parole (“ti vogliamo bene, noi ci siamo per te e la tua famiglia”), sia con i gesti, con baci e abbracci.

Sempre in una fase iniziale del lutto, gli amici e i parenti si fanno carico di attività da fare (fare la spesa, cucinare, accompagnare i figli in piscina ecc..) con l’intenzione di sollevare e alleggerire la famiglia, già provata dalla sofferenza e da mille incombenze.

Con il passare del tempo, e con la ripresa per tutti della quotidianità, a volte non è così facile capire cosa fare per non lasciare la famiglia nella solitudine e per essere di sostegno ai bambini e ai ragazzi coinvolti.  Si ha paura di essere invadenti, inopportuni, di non saper riconoscere i bisogni e questo può intimidire e bloccare.

Bisogna pensare che invece è proprio quando il momento della emergenza è alle spalle, che la famiglia e i ragazzi hanno bisogno di sostegno nel ricostruire una nuova “normalità”.

È importante continuare nel tempo a manifestare solidarietà e vicinanza, tenendo conto che l’elaborazione del lutto dura molto a lungo e che è contraddistinta da varie fasi che vengono attraversate. A volte, il comportamento delle persone in lutto può disorientare perché oscillano tra sentimenti opposti che non è sempre facile capire. Per questo non giudicare è davvero fondamentale, così come è importante cercare di tenera aperta una comunicazione il più possibile franca e sincera.

E poi è bene mostrare non solo una vicinanza generica, ma fare delle proposte specifiche come ad esempio, “vieni martedì a cena” oppure “andrei volentieri tutti i giovedì a prendere i bambini a scuola per portarli a fare lezione di tennis “…

In questo modo viene data una dimensione concreta alla nostra vicinanza, e potremmo rappresentare anche dei punti fermi.

Ecco il racconto di Giacomo, rimasto improvvisamente vedovo con due figli piccoli:

“Quando improvvisamente è morta mia moglie, inizialmente molte persone ci sono state vicino ma poi, nello spazio di qualche settimana, ognuno di loro, giustamente, è tornato alla propria vita.  Tanti amici mi dicevano casa nostra è aperta per te, ma io non avevo neanche la forza per chiamarli. Un’amica, nonché vicina di casa, un giorno mi ha chiamato e mi ha detto “da oggi in poi ogni mercoledì alle ore 20 siete a cena da noi”. È stato così un sollievo! E qualunque cosa succedesse durante la settimana, io sapevo di poter contare sul…mercoledì! È stato un aiuto enorme per me e per i miei figli poter fare affidamento su un sostegno stabile, chiaro, definito, continuativo. Ancora adesso i miei figli, oggi adolescenti, ricordano con grande piacere quelle cene in cui si poteva ridere, a volte anche piangere, o semplicemente stare insieme.” Giacomo

È un grande aiuto da parte degli amici e dei parenti contribuire a creare spazi in cui poter condividere, nel rispetto delle modalità di ognuno.

Nel ruolo di amici e parenti possiamo fare molto per i bambini e ragazzi; indirettamente, sostenendo gli adulti a loro più vicini, aiutiamo la famiglia a ritrovare un equilibrio; direttamente creando con loro occasioni di dialogo e di condivisione.

Di seguito l’esperienza di Carlo:

“Quando è morto Gianni, mio amico fin dall’infanzia, ho avuto subito chiaro che non avrei mai lasciato sola sua moglie Clara ed il loro figlio Matteo. Ma cosa potevo fare? Vedevo Matteo sperduto ma era difficile parlargli, non avevamo tutta questa confidenza.  Avevamo però una grande passione in comune (la stessa che condividevo con suo padre), il calcio; ho chiesto a Clara la possibilità di seguire io Matteo in questo sport, portandolo agli allenamenti, incoraggiandolo nelle partite ecc. Per un po’ di tempo il mio ruolo si è limitato a quello di autista, ma poi abbiamo preso l’abitudine di rimanere fuori a cena io e lui a mangiare un hamburger e a commentare le azioni di gioco. Non abbiamo mai parlato esplicitamente del suo dolore, ma abbiamo condiviso chiacchiere su suo padre e anche tanti silenzi, accompagnati da sguardi e scappellotti affettuosi.” Carlo